Vlog #7 Trasferire con successo un data center

  

OSI Insights nel Video-Blog

Il trasferimento di un data center è estremamente complesso e richiede un grandissimo sforzo di progettazione e coordinamento. Numerose decisioni importanti devono essere prese in anticipo. Una delle domande fondamentali a tal fine è: meglio azzardare un «big bang» o la via più lunga ma meno rischiosa delle singole ondate di trasferimento?

Ne parlano: Slavko Mucic delle Vendite e Stephan Riechmann, responsabile della gestione dei progetti di trasferimento di data center presso Rosenberger OSI

  

Stephan, tu sei il mio «go-to guy» quando si tratta di trasferimento di data center. A cosa bisogna prestare particolare attenzione se si intende spostare il proprio data center da A a B?

Stephan Riechmann: Il trasferimento di un data center è un argomento molto interessante. Direi che grosso modo il trasferimento può essere suddiviso in tre fasi. La prima fase è la documentazione. Significa che nella prima fase prendo atto dello stato attuale del data center del cliente e in particolare dell’hardware da trasferire. Il motivo è che l’esperienza dimostra che solitamente il cliente lavora con elenchi perlopiù obsoleti e spesso non ha idea dell’hardware presente in loco. Per tale ragione proponiamo di fare un inventario della situazione attuale. Se lo si desidera, includendo anche il cablaggio. Mappando dunque l’intero panorama una sola volta. Per il cliente, ciò ha il vantaggio di poter aggiornare gli elenchi degli asset e controllare le licenze e i contratti di manutenzione. Una volta effettuato il trasferimento, il cliente potrà cancellare questi sistemi dai propri sistemi di asset interni. Il secondo punto è naturalmente il più interessante: la progettazione. La progettazione rappresenta la sfida maggiore.

Cosa è particolarmente impegnativo in questa fase?

Stephan Riechmann: A grandi linee, la progettazione può essere suddivisa in due alternative. Una è il trasferimento completo 1 a 1. Il cosiddetto «big bang». Fisso una data e cerco di spostare l’intero panorama da A a B. Tutto deve andare bene. L’inventario deve essere a posto, il panorama target deve essere in ordine. Ci arriveremo tra un attimo. La seconda alternativa è il trasferimento a ondate. Vale a dire a ondate di trasferimento.

Questo significa trasferire il data center su un periodo più lungo e in diverse piccole fasi?

Stephan Riechmann: Si può suddividere il trasferimento in fasi. Si può ad esempio iniziare traslocando l’ambiente di test, poi l’ambiente di produzione, oppure prima lo storage, o lasciarlo per ultimo. Molto dipende dalle dimensioni del sistema da trasferire. Come si può già comprendere, un «big bang» richiede meno tempo ma comporta anche molti rischi.

Naturalmente serve molto personale

Stephan Riechmann: Sì – certo, molto personale. Perché il trasferimento deve funzionare 1 a 1. E non appena qualcosa nel nuovo scenario non funziona e io non ho più tempo, bisogna riportare tutto al vecchio scenario. A quel punto in pratica non avrei risolto nulla, perché si tratta di un trasferimento 1 a 1. O funziona o non funziona. Con le ondate di trasferimento posso suddividere il trasferimento in singoli blocchi – per così dire – e avviare ogni blocco individualmente. Apprendo da ogni trasferimento e, se funziona, è meraviglioso. Poi progetto la fase successiva. Come puoi capire, questa è tuttavia un’operazione che richiede molto tempo e soprattutto molto personale.

Come decidere dunque se realizzare il trasferimento di un data center in un «big bang» o in ondate scaglionate?

Stephan Riechmann: È una decisione difficile. La prendiamo ovviamente in stretto accordo con i nostri clienti. Innanzitutto, dipende dalle dimensioni dello scenario da trasferire. Se ho solo tre rack, non devo pensarci troppo. Se ovviamente ho più hardware, o se lavoro con numerosi subappaltatori collegati o se, ad esempio, il monitoraggio è eseguito all’estero o altro, le cose si fanno più difficili. Queste interdipendenze sono cruciali. Cioè, chi fa cosa. Perché tutti devono essere disponibili nei giorni del trasferimento. Devo riunire tutti e tutto deve essere testato. Trasferisco un elemento, lo avvio nel nuovo ambiente e deve funzionare. Se si verificano problemi, bisogna risolverli.

Vale a dire che, da un punto di vista puramente coordinativo, durante il trasferimento le persone presenti nel data center, cioè quelle che svolgono il lavoro fisico, devono essere sincronizzate con le persone presenti in forma virtuale in altre parti del mondo.

Stephan Riechmann: Esatto – e poi, naturalmente, bisogna effettuare i test. Per decidere se scegliere un «big bang» o un trasferimento «a ondate» la domanda chiave è: quanto è vecchio il panorama da trasferire? Facendo un inventario dell’hardware posso già vedere se le apparecchiature sono già un po’ vecchie, forse già oltre la loro vita utile o non sono più abbastanza performanti. È quindi il cliente a dover decidere. È il caso di fare un «lift & shift»? Vale a dire che prendo il rack e l’hardware così come sono e li installo nella nuova sede. Oppure colgo l’occasione per un «tech refresh». Cioè, analizzo la situazione. Di cosa dispongo? Posso accorpare qualcosa? Apparecchi più moderni, più veloci, che generano meno calore o altro ancora. Quali contratti di manutenzione devono essere rinegoziati. Forse mi servono meno licenze?

Significa quasi ricreare ex novo il mio IT e sfruttare il trasferimento per effettuare un «tech refresh

Stephan Riechmann: Precisamente! In un nuovo panorama, dove i rack sono già allestiti e il cablaggio e gli ulteriori aspetti sono già predisposti, il rischio si riduce notevolmente. Successivamente devo solo collegare l’hardware che abbiamo trasferito 1 a 1 o il nuovo hardware già a disposizione. C’è un altro aspetto da considerare: con un «lift & shift» c’è il problema di dover spegnere sistemi che hanno funzionato ininterrottamente per cinque anni senza sapere se si avvieranno di nuovo quando si tenterà di riaccenderli. I dischi rigidi si guasteranno? Comunque sia, Per tale ragione in caso di «lift & shift» consigliamo sempre di effettuare un test preliminare. Basta spegnere e riavviare i sistemi. Funzionano? L’esperienza ci insegna che – no, non sempre funzionano. Quando si esegue un «lift & shift» bisogna anche assicurarsi di disporre in loco dei pezzi di ricambio. I dischi rigidi, ad esempio. Perché, se qualcosa si guasta, è possibile risolvere il problema.

Questo ci porta al terzo punto. Vale a dire che il giorno del trasferimento tutto deve effettivamente essere pronto.

Stephan Riechmann: Tutto!

Significa che deve esserci tutto. Devono esserci le persone, le mani che smontano gli apparecchi dal data center e le spostano quindi nel nuovo data center. Tutto deve essere coordinato. Un aspetto ho trovato molto interessante. Ho avuto modo di accompagnarti in alcuni traslochi di data center. Ho notato che fai un giro in anticipo per vedere se effettivamente ci siano soglie, se si passa con il carrello elevatore, se due persone possono passare una accanto all’altra nei corridoi del data center.

Stephan Riechmann: Posso arrivarci con il camion? Si tratta di camion a sospensione pneumatica che trasportano hardware di valore. Un trasporto sicuro. Dipende da moltissimi fattori. Ad esempio, le cose si complicano se non c’è una saracinesca o una rampa. Perché non posso trasportare un rack completo con un carrello elevatore. Se ciò è possibile, ovviamente è fantastico. Ogni soglia è però un problema. E il pavimento deve sostenere il peso. La maggior parte dei data center ha un doppio pavimento che può sostenere solo un determinato peso per metro quadro. Anche questo aspetto va verificato in anticipo. Un’opzione potrebbe essere quella di portare con sé l’intero rack, montandone tuttavia solo metà perché il peso è semplicemente eccessivo. Va considerato ogni aspetto. Inoltre è meglio percorrere prima il tragitto che farà il camion. Posso passare da lì, ci sono problemi di ingorghi o altro? Perché si lavora in tempi ristretti. Di norma c’è un lasso di tempo predeterminato per disinstallare e reinstallare tutto. Solo così ci si può assicurare che il team abbia abbastanza tempo per effettuare i test. Di solito si inizia il venerdì e per il lunedì tutto deve funzionare. Come ho già detto, le cose possono complicarsi a seconda delle dimensioni del panorama da trasferire. Tutto viene fatto in stretto accordo con il cliente, al quale forniamo ovviamente la nostra consulenza.

Cosa è importante per il trasferimento di un data center? Ulteriori informazioni:  Checklist per il trasloco del data center: Traslocare con successo un data center in 10 fasi